Pescare. Qualcuno con una punta di umorismo definì questa azione come il tentare di catturare, con l’aiuto del meglio che la tecnologia possa offrire, un essere con un cervello delle dimensioni di un pisello. E con il rischio di venir pure sconfitti in questa lotta impari. Noi, gli esseri viventi più evoluti sul pianeta, in balia di un essere guidato da istinti primordiali. Ma a quanto pare questo è un gioco che ha appassionato l’uomo per millenni. Anche se, in verità, non sarebbe tecnicamente e storicamente corretto definirlo gioco, almeno non fino al 17° secolo. Fino a quel momento l’azione della pesca era esercitata con un obiettivo ben preciso quanto naturale, il fornire apporto di proteine (non si conoscevano ancora gli Omega 3) o più semplicemente il riempire la pancia. Con la pubblicazione del Compleat Angler di Walton si iniziò, da quel momento in poi, a identificare la pesca come un passatempo da gentiluomini e lo sviluppo sia delle attrezzature che delle pubblicazioni inerenti la pesca “sportiva” prese linfa vitale da questo nuovo concetto. Quindi, pur non essendo tecnicamente la terra madre ne della pesca in generale ne della pesca a mosca più nello specifico, il Regno Unito, insieme all’Irlanda, può essere a ragione ritenuto la culla della pesca sportiva. Col tempo, la combinazione di crescente popolarità della pesca come azione ricreativa, l’aumentare delle popolazione e il parallelo aumento di una certa classe media favorì questo sviluppo e insieme la nascita e la crescita di aziende specializzate in produzioni su più larga scala di attrezzature che, fino a quel momento, rimanevano appannaggio di pochi artigiani o erano frutto, il più delle volte, della manualità del singolo pescatore. Canne molto artigianali, ami curvati da spilli, lenze in crine di cavallo, iniziarono a lasciar posto ad una produzione di qualità fatta di canne in bambù o legno, lenze in seta, robusti ami e, più tardi di mulinelli affidabili. Il tutto senza una chiara distinzione tra pesca generica e pesca a mosca.
Gli inglesi definiscono l’azione della pesca sportiva con un termine molto appropriato, angling (che deriva da angle, amo), che riassume in se tutto ciò che distingue il pescatore “contemplativo”, colui che pesca per diletto, dal pescatore di professione. Per Walton un “angler” era un pescatore con amo e lenza, sia che usasse galleggianti ed esche naturali o che si dilettasse nella complicata arte della pesca con mosche artificiali. Devo ammettere di amare molto questa mancanza di netta distinzione tra le due discipline alieutiche. Avendo mosso i miei primi passi sull’acqua armato di un rozzo galleggiante in sughero e di una canna palustre non posso far altro che rimembrare quanto fossero piacevoli quei pomeriggi d’estate passati ad insidiare scardole e piccole carpe nello stagno vicino a casa. Pomeriggi non meno piacevoli di quelli passati sul fiume ora con una canna da mosca in mano. Anzi, oserei dire che la spensieratezza e l’innocenza di quei tempi andati, oltre alla solitudine e alla tranquillità goduta appieno, non avevano prezzo. Sono sicuro che, pur con la grande passione per la pesca a mosca che vive in me oggi, non avrei dubbi a preferire uno di quei pomeriggi, assolati e con pochi pesci, ad una più moderna giornata passata, ahimè, a sgomitare lanciando mosche su qualche trota immessa da poco. Non fosse altro per quelle ginocchia sbucciate di ragazzo, per quella testa cotta dal sole ma ancora coperta di capelli e per l’emozione data anche dal più piccolo dei pesci. Per questo motivo non disdegno definirmi semplicemente “un pescatore”, riassumendo tutta la magia e la grazia insita in questo sport contemplativo. Che abbia poi scelto in seguito di dedicarmi completamente a ciò che definiamo pesca a mosca è solamente un dettaglio. Ma torniamo a Walton. Abbiamo detto che il suo libro contribuì a cambiare questo modo di concepire la pesca e tale concetto iniziò a diffondersi almeno nel mondo Anglosassone, finendo per arrivare logicamente oltre oceano in terra americana.
Stati Uniti e Inghilterra continuarono nei successivi tre secoli a evolvere e sviluppare tutto quanto abbia a che fare con la pesca e naturalmente con un particolare riguardo nei confronti della pesca a mosca che, seppur praticata da secoli, conobbe il massimo splendore in tempi molto più recenti. E’ indubbio che l’arte di praticare la pesca con imitazioni di insetti abbia una storia che si perde nel tempo, tra macedoni e romani e con tracce in molti dei paesi Europei e non solo, ma è anche una realtà di fatto che la pesca a mosca vera e propria, nella sua veste più “moderna” con canna, coda di topo e mulinello, si sia configurata molto più recentemente. In special modo il periodo che va da metà del 1800 fino alla metà del secolo scorso è rappresentativo del massimo sviluppo di questa disciplina. La pesca a mosca in Italia è storia ancora più recente, anche se tecniche che utilizzavano imitazioni artificiali di insetti, come la valsesiana, erano largamente usate da tempo. Il pescatore medio italiano è stato per molto tempo influenzato più dal mercato inglese e dalla vicinissima Francia che da quello che accadeva nel nuovo continente nonostante la mancanza di conoscenza della lingua non gli abbia permesso di attingere a quell’enorme patrimonio letterario legato alla pesca a mosca. Se da un lato non possiamo negare che il Regno Unito sia stato la culla della pesca a mosca moderna dall’altro dobbiamo ammettere che l’apporto americano a questa disciplina è stato più di un semplice contributo. Per una serie di fortunate coincidenze storiche, ambientali e umane, il bacino idrografico delle montagne dei Catskill divenne verso la fine del 19° secolo il “melting pot” in cui nacquero, fiorirono e si raffinarono gli stili, le attrezzature e le idee di una pesca a mosca moderna e con enormi influssi sullo scenario europeo. La vicinanza con la città di New York deve per forza avere avuto un qualche peso e su due aspetti primari: la “relativa” vicinanza con i fiumi e la notevole disponibilità economica di un grande numero di addetti. Viaggiare in quel periodo storico non era agevole come oggi. Il treno da New York era sicuramente il mezzo più veloce per raggiungere Roscoe, Liberty, Neversink o gli altri paesi sparsi nella zona. Il viaggio in auto, avendone la disponibilità, era lungo e su una strada non certo comoda come l’autostrada attuale. Molti dei pescatori in loco si muovevano semplicemente a cavallo e raramente un viaggio di pesca durava un solo giorno.
I più facoltosi potevano permettersi di dormire nelle più accoglienti locande e passare le serate a raccontarsi storie di pesca annaffiate da abbondante alcool. Ma molti di più erano quelli che passavano la notte in piccole baracche di legno vicino al fiume o direttamente accampati sotto le stelle. In entrambi i casi, dopo le frugali cene non mancavano anche qui alcool e racconti. La cultura per l’outdoor, per la vita all’aria aperta e il campeggio, è sempre stata molto più sentita dal popolo americano che europeo. Forse ancora legati al retaggio dell’avventura coloniale i primi e forse troppo imborghesiti i secondi. Fatto sta che i cataloghi americani dei primi del 900 che presentavano articoli per il camping, la caccia e la pesca, erano così grossi e pieni di ogni meraviglia, utile o inutile che fosse, che potevano tenere occupati nella lettura orde di imberbi ragazzini sognanti avventure e moltitudini di rispettati professionisti che non vedevano l’ora di emulare i loro bisnonni e trisavoli in un gioco di pseudo sopravvivenza in una wilderness non più così selvaggia. Oltre ai cataloghi proliferarono anche i manuali sul “come fare” camping. Come viaggiare, cosa portarsi dietro, come accendere un fuoco e come sopravvivere ad un attacco di pellerossa, anche se questi ultimi erano già più occupati a finire quell’alcol lasciato la sera prima dagli avventori delle locande. La crescente passione per la pesca a mosca trovò quindi nell’amore per l’”outdoor” del popolo americano un fecondo ventre in cui prosperare. Che da un lato la pesca a mosca americana si ispirasse alla tradizione inglese è un dato di fatto ma è evidente che le diverse condizioni ambientali spinsero gli americani a modellare attrezzature, stili e concetti di pesca adattandoli alle caratteristiche dei fiumi di casa loro.
Il
di questo processo fu Thaddeus Norris che nel 1864 pubblicò un opera destinata a cambiare il concetto di pesca sportiva in America. In questo suo trattato, che abbraccia svariate tecniche e attrezzature per insidiare diversi tipi di pesci, Norris include una importante sezione sulla pesca a mosca, nonché una lista di mosche consigliate per i diversi periodi dell’anno, emulando in un certo senso quello fatto da Alfred Ronalds nel suo Fly Angler’s Entomology. Naturalmente Norris non mancò di precisare che le mosche da lui descritte derivavano da una sua personale selezione tra i modelli usati dagli Inglesi, la maggior parte dei quali non era adatta ad insidiare le Brook Trout americane. Questa sua semplice selezione avrebbe permesso al principiante di evitare numerose delusioni e ripetuti tentativi con i modelli presentati sui cataloghi britannici, nati ed evolutisi per ben altre condizioni e per ben altra varietà di trota. La Brown Trout, la Fario europea. Proprio a questa elegante signora si dovrebbe assegnare il primato di madre della rivoluzione americana, naturalmente limitandosi alla pesca a mosca. Come in tutte le rivoluzioni che si rispettino esiste sempre una combinazione di fattori scatenanti e lo stesso dicasi per le evoluzioni. Mutamenti di condizioni e scintilla che inneschi il processo. Come nell’accensione di un fuoco. La materia che può ardere e la scintilla devono coesistere. Verso la fine del 1800 questo brodo primordiale pronto a ricevere la sua scintilla già esisteva: l’influenza britannica nelle attrezzature, la sempre maggior diffusione della mosca secca e delle tecniche di pesca e di lancio a questa legate (già Norris usava mosche secche nei suoi fiumi in Pennsylvania) e, indubbiamente, un fiorire continuo di testi e pubblicazioni varie. Mancava solo un tassello per completare un quadro perfetto. Questo tassello sarebbe arrivato nel Febbraio del 1883 protetto nella stiva fredda di un vascello di nome Werra, partito dalla Germania e da cui furono sbarcate circa 80.000 uova di Salmo Trutta Fario provenienti dalla Foresta Nera. Ben presto, attraverso successive importazioni dall’Europa e numerose immissioni, le trote Fario popolarono moltissimi dei fiumi dell’Est spingendosi fino alle Montagne Rocciose. La loro maggior resistenza a modificate condizioni climatiche dei fiumi dovute all’urbanizzazione, la rapida crescita e la naturale voracità, le misero seriamente in competizione con le abitanti tipiche dei fiumi montani, le Brook Trouts nell’Est e le Cutthroat nell’Ovest.
di questo processo fu Thaddeus Norris che nel 1864 pubblicò un opera destinata a cambiare il concetto di pesca sportiva in America. In questo suo trattato, che abbraccia svariate tecniche e attrezzature per insidiare diversi tipi di pesci, Norris include una importante sezione sulla pesca a mosca, nonché una lista di mosche consigliate per i diversi periodi dell’anno, emulando in un certo senso quello fatto da Alfred Ronalds nel suo Fly Angler’s Entomology. Naturalmente Norris non mancò di precisare che le mosche da lui descritte derivavano da una sua personale selezione tra i modelli usati dagli Inglesi, la maggior parte dei quali non era adatta ad insidiare le Brook Trout americane. Questa sua semplice selezione avrebbe permesso al principiante di evitare numerose delusioni e ripetuti tentativi con i modelli presentati sui cataloghi britannici, nati ed evolutisi per ben altre condizioni e per ben altra varietà di trota. La Brown Trout, la Fario europea. Proprio a questa elegante signora si dovrebbe assegnare il primato di madre della rivoluzione americana, naturalmente limitandosi alla pesca a mosca. Come in tutte le rivoluzioni che si rispettino esiste sempre una combinazione di fattori scatenanti e lo stesso dicasi per le evoluzioni. Mutamenti di condizioni e scintilla che inneschi il processo. Come nell’accensione di un fuoco. La materia che può ardere e la scintilla devono coesistere. Verso la fine del 1800 questo brodo primordiale pronto a ricevere la sua scintilla già esisteva: l’influenza britannica nelle attrezzature, la sempre maggior diffusione della mosca secca e delle tecniche di pesca e di lancio a questa legate (già Norris usava mosche secche nei suoi fiumi in Pennsylvania) e, indubbiamente, un fiorire continuo di testi e pubblicazioni varie. Mancava solo un tassello per completare un quadro perfetto. Questo tassello sarebbe arrivato nel Febbraio del 1883 protetto nella stiva fredda di un vascello di nome Werra, partito dalla Germania e da cui furono sbarcate circa 80.000 uova di Salmo Trutta Fario provenienti dalla Foresta Nera. Ben presto, attraverso successive importazioni dall’Europa e numerose immissioni, le trote Fario popolarono moltissimi dei fiumi dell’Est spingendosi fino alle Montagne Rocciose. La loro maggior resistenza a modificate condizioni climatiche dei fiumi dovute all’urbanizzazione, la rapida crescita e la naturale voracità, le misero seriamente in competizione con le abitanti tipiche dei fiumi montani, le Brook Trouts nell’Est e le Cutthroat nell’Ovest.
Tralasciando in questa sede la sostenibilità dell’essere pro o contro all’immissione di animali alloctoni ad un territorio, resta però l’indiscutibile fatto che questa trota, così propensa a nutrirsi a galla (a differenza delle Brook, più legate al fondo), cambiò per sempre lo scenario della pesca a mosca americana. Gli americani erano stati fino a quel momento pescatori con la mosca sommersa, solitamente e con poche eccezioni praticata a scendere. La Fario portò la pesca a mosca verso una nuova dimensione, quella della superficie, delle schiuse, dell’imitazione esatta, dei colli con fibre rigide per sostenere le mosche, ma anche delle canne in bambù esagonale di nuova generazione, rapide e più corte, adatte ai falsi lanci e alle pose delicate di code galleggianti. Ed in tutto il corso di questo bellissimo viaggio la Fario fu accompagnata da uomini e donne che vi costruirono intorno un mondo fatto di studio, passione e dedizione. Di tutti questi personaggi quello di cui probabilmente sappiamo meno fu di certo Theodore Gordon, anche se la cosa non ha impedito che, nonostante la sua natura misteriosa, diventasse l’icona di intere generazioni di pescatori a mosca, con una fama che non tende a diminuire. L’uomo riconosciuto come l’elemento transitorio dalla pesca a sommersa all’uso della mosca secca. Il periodo in cui visse Gordon, a cavallo tra la fine del 1800 e l’inizio del 20° secolo, può giustificare in qualche modo la carenza di informazioni, dovuta in parte alla facilità con cui queste si disperdevano nel tempo, specialmente se uno, come fece Gordon stesso, viveva una vita da pseudo eremita con pochissimi contatti locali. Della sua vita privata sappiamo quasi nulla e tutte le informazioni sono così sparse a macchia di leopardo che pare quasi di essere di fronte ad un disegno creato dallo stesso Gordon. Alcuni aspetti della sua vita si conoscono grazie ai pochissimi amici che lo frequentarono soprattutto negli ultimi anni di vita, altri sono derivanti da congetture, supposizioni o persino da quella abitudine tutta umana di arricchire la leggende con altre leggende. Nacque nel 1854 in Pennsylvania da una famiglia benestante e visse a Savannah per alcuni anni lavorando come broker nel campo assicurativo. Alcune lettere scritte in seguito ad alcuni dei suoi corrispondenti in Inghilterra ci confermano che il fallimento di una società ferroviaria lo portò quasi alla rovina e intorno al 1890 si trasferì con la madre nello stato di New York. Da li a poco, sofferente per i primi sintomi di TBC e probabilmente indebolito nel fisico e nell’animo si trasferì nella regione dei Catskill per passarci il resto della sua vita. Sulle rive del fiume Neversink visse per oltre vent’anni in quasi assoluta solitudine, alloggiando in varie pensioni della zona e terminando i suoi giorni, minato dalla tubercolosi, alla Anson Knight House. Qui vi morì nel 1915.
La dedizione di Gordon nei confronti della pesca a mosca ha forse pochi eguali e non è facile individuare nessun altro personaggio che abbia volutamente abbandonato quasi ogni forma di vita sociale per concentrarsi nello studio e nella ricerca legata a questo sport. Seppur le sue origini lo identificano come istruito e di gusti eleganti divenne in seguito di carattere solitario, quasi ombroso, legato a pochi fidati amici, in quello che possiamo definire il suo secondo stadio di vita. Nonostante la poca inclinazione a socializzare fu un prolifico scrittore e le sue numerose lettere, che era solito spedire giornalmente dall’ufficio postale di Liberty, lo mantennero in costante contatto con alcuni dei personaggi più in vista del vecchio continente, tra cui Halford, Skues and Marston, l’editore delle Fishing Gazzette, grande estimatore di Gordon; proprio su questa famosa rivista inglese dell’epoca Gordon scrisse numerosi articoli che gli valsero una notevole fama anche al di fuori dei confini americani. E’ probabile, come sostengono alcuni storici, che senza il contributo di scritti inviati alla Fishing Gazzette il nome di Gordon sarebbe rimasto dimenticato per sempre. Questi brevi articoli e, soprattutto, le lettere inviate ai pochi amici con cui corrispondeva sono l’unico mezzo tramite il quale si può tentare di ricostruire un profilo di questo personaggio. Gordon non scrisse mai alcun libro, e questo fu un gran peccato davvero, ma fortunatamente la maggior parte delle sue lettere furono raccolte dallo storico John MacDonald su un unico volume intitolato “The Complete Fly Fisherman, the notes and letters of Theodore Gordon”. L’amore e la passione per la pesca a mosca emergono prepotentemente da queste lettere anche se una percepibile nota di malinconia e solitudine si fa a volte largo tra le loro righe. “La stufa a legna è la mia unica compagnia…” scrisse nel 1906. Non deve essere stato facile vivere per anni in quelle condizioni, quasi isolato dal mondo, soprattutto durante i lunghi e freddi inverni. Quando si leggono libri o scritti di personaggi di un epoca lontana quasi mai si cerca di immedesimarsi nel periodo storico.
Se provassimo a immaginarci Gordon nella sua casupola di legno ai bordi del bosco e non lontano dal suo Neversink, in una delle tante fredde notti d’inverno, chino sul suo morsetto e intento a legare piume o a scrivere una delle tante lettere, con l’immancabile sigaretta rollata penzolante dalla bocca, capiremmo quanto importanti furono quelle continue corrispondenze. Quelle parole scritte alla tremolante luce di una lanterna furono la sua linfa vitale. E la pesca a mosca ne fu il cuore pulsante. In quegli anni passati da recluso Gordon, quest’uomo piccolo di statura e con una cagionevole salute, riuscì comunque a lasciare un segno indelebile nella storia della pesca a mosca americana. I suoi inizi di pescatore a mosca lo videro dedito alla mosca sommersa, ispirato dagli scritti di Norris e seguendo la tradizione del periodo. L’arrivo della Trota Fario nel continente americano e la sua innegabile propensione alla sperimentazione lo guidarono presto ad interpretare la mosca sommersa in maniera non prettamente ortodossa. Lanciando le esche verso monte, invece del classico sistema a scendere, presto si rese conto che quando queste rimanevano in superficie, asciugate nel lancio o appena montate e non ancora imbevute d’acqua, venivano ghermite dalle trote specialmente durante le schiuse. Leggendo i libri di Halford sulle nuove teorie di pesca con la mosca galleggiante rimase affascinato da questa tecnica ed ebbe la brillante idea di scrivere all’autore per chiedere consigli. Lo stesso Halford cordialmente rispose alla lettera di Gordon, allegando circa 50 delle sue mosche e alcuni consigli per l’uso. Questa lettera e quelle mosche sono considerate a ragione un punto fondamentale dell’evoluzione della mosca secca in USA. Gordon ben presto si accorse che la struttura di questi artificiali mal si adattava alle acque mosse tipiche dei torrenti montani dei Catskill. Nate originariamente per le lente acque dei Chalk Stream inglesi, queste non avevano una costruzione adatta a sostenerle in acque veloci, dove molto dipendeva anche dalla qualità dei piumaggi utilizzati. Indirettamente, la continua ricerca da parte di Gordon delle hackle ideali per una mosca galleggiante diede l’avvio, negli anni a venire, al processo di selezione genetica dei galli adatti all’uopo, con fibre rigide e lucenti. Gordon non si limitò unicamente a variare la struttura ed i materiali delle mosche inglesi ma iniziò a selezionare artificiali imitativi degli insetti locali, per dimensioni e colori.
Tra le varie mosche attribuite a Gordon quella che sicuramente ne mantiene vivo il nome è la Quill Gordon (chiamata anche Gordon Quill), un artificiale tutt’ora usato che presenta le caratteristiche tipiche delle mosche di questa regione: corpo in quill di pavone spelato, ali in anatra mandarina (che montò in ciuffo unico all’inizio e divise a V in seguito), hakles e code in gallo grigio medio (anche se la versione originaria prevedeva pure le code in anatra mandarina). Nonostante la sua confessata predilezione per la mosca secca e per le teorie dell’imitazione esatta, Gordon non rinnegò mai il suo passato con la wet fly, rimanendo per tutta la vita un vero pescatore completo, non disdegnando in assenza di schiuse l’utilizzo di mosche sommerse o streamers. Proprio uno dei suoi streamers, il Bumblepuppy, potrebbe essere considerato uno dei primi artificiali che prevedono l’utilizzo di una combinazione di pelo e piume. Inventato per la pesca al luccio il Bumblepuppy si rivelò ottimo, su ami più piccoli, per le grosse fario. Quindi un Gordon non solo padre spirituale della mosca secca americana ma anche innovatore nella pesca a streamer. Per la cronaca, il Bumblepuppy è veramente uno streamer micidiale per insidiare le grosse fario durante la notte. Anche se da noi la pesca di notte è vietata varrebbe la pena provarlo proprio al tramonto o al termine di un classico “coup”. Proprio il fatto di avere una visione molto aperta della pesca a mosca evitò a Gordon di trasformare i suoi concetti e lo studio sulle mosche galleggianti in qualcosa di troppo rigido, col rischio di cadere nell’integralismo Halfordiano. Non divenne mai un purista della mosca secca come il suo ispiratore Halford e mai ne ebbe la stessa arroganza. Anzi, in un certo momento storico arrivò a sostenere con il suo amico di penna G.E.M. Skues che Halford, con la sua sprezzante condanna della mosca sommersa, avesse oltrepassato il limite perdendo di vista la vera essenza della cosa. Anzi, recriminava ad Halford di mancare di quell’esperienza che si acquisisce solo dall’aver frequentato vari tipologie di acque. Troppo legato ai chalk stream e poco avvezzo alle acque mosse. Dal canto suo Gordon, pur avendo trascorso la parte più prolifica della sua vita pescando le acque mosse dei Catskill aveva comunque maturato una certa esperienza sui fiumi calcarei della Pennsylvania. Fiumi che sarebbero stati pestati molti anni dopo dagli illustri piedi di Vincent Marinaro.
Negli ultimi anni della sua vita Gordon si guadagnò da vivere costruendo mosche vendute a circa un dollaro e mezzo a dozzina. E’ toccante pensare che morì quasi senza un soldo e che ora le poche sue mosche che saltuariamente appaiono alle varie aste vengono vendute a cifre considerevoli. Ma questo è sempre stato il destino di tanti “artisti”. In quel particolare periodo storico in cui visse dobbiamo ricordare che non era ancora uso comune costruirsi le mosche in casa e i pescatori del tempo usufruivano dei servizi dei pochissimi professionisti sparsi nella zona o delle mosche importate dal vecchio continente. Dal momento che la costruzione di mosche poteva permettere il sostentamento di una famiglia non sorprende il fatto che Gordon fosse estremamente geloso delle proprie tecniche e dei piccoli segreti legati alla costruzione, come d’altra parte lo furono molti dei costruttori a seguire. Nessuno di loro amava l’idea di far nascere altri possibili concorrenti. Lo stesso Rube Cross, a cui si fa risalire la nascita del moderno stile Catskill (soprattutto nella strutturazione di ali e code), si rifiutò di insegnare ai giovani Walt Dette ed Harry Darbee (due dei maggiori futuri esponenti di questo stile) i segreti delle sue tecniche, seppur gli fosse stata offerta una notevole somma di denaro. Che lo stesso Rube giurasse di aver appreso l’arte di costruire da Gordon in persona (che conobbe in giovinezza) ha sempre convinto poco, specialmente gli amici più intimi dello stesso Gordon. E’ più probabile che Rube Cross avesse seguito la pratica comune di smontare delicatamente le mosche andando a ritroso, controllando i giri di filo e tutte le fasi del montaggio dei vari materiali per capirne le tecniche impiegate. Pratica che seguirono poi gli stessi Walt ed Harry all’inizio della loro carriera.
Tra i pochi amici intimi che circondarono Gordon fino alla sua morte ve ne fu uno in particolare al quale il “maestro” concesse l’onore di osservarlo nel costruire, seppur con la ferma promessa di non rivelare a nessuno quanto appreso. Quest’uomo fu Roy Steenrod. Lavorando all’ufficio postale di Liberty, lì conobbe Gordon quando questi si recava a portare e ricevere nuova posta. Divennero presto compagni di pesca e di costruzione e alla morte del “maestro”, Steenrod, diventato Guardia Pesca e Guardia Caccia della regione, ricambiò il privilegio di aver imparato l’arte di costruire rivelandosi il più stimato istruttore della zona, insegnando gratuitamente ai bambini dei campi estivi dei Boy Scout e a moltitudini di pescatori. Forse il primo vero istruttore della storia della pesca a mosca. Come accennato sopra, la figura di Gordon, in parte avvolta da mistero, non si sottrae alla umana abitudine di fantasticare su quanto non si conosce, a volte per dare spiegazione a ciò che non può essere spiegato. Ad esempio, uno degli argomenti che ha affascinato i suoi seguaci, più per morbosa curiosità che per mero interesse storico, è stata la figura di quella misteriosa donna che viene ritratta in due delle pochissime fotografie che ritraggono Gordon. In entrambe le foto i due sono immortalati a pesca sulle rive del Neversink, il fiume da lui amato, in una con la canna in mano e nell’altra pigramente sdraiati sul greto del fiume. Chi sia questa donna non ci è dato da sapere, non se ne conosce il nome e non si sa se fosse amica, amante o semplicemente, come soleva definirla lui, “…the best fishing chum…”, la sua migliore compagna di pesca. La mancanza di informazioni sulle frequentazioni femminili di Gordon, non fosse per questa fantomatica signora, ha dato luogo a ogni tipo di congetture, incluso teorie sui suoi gusti sessuali. Ma a noi, indubbiamente, questo particolare poco importa. Ci interessa più il Gordon pescatore, il Gordon costruttore, padre e sperimentatore della nuova mosca secca in America, nonché il Gordon scrittore, figura che mi affascina ancor più delle altre. In special modo piacevoli sono le corrispondenze con Skues e l’ammirazione reciproca che legò questi due amici che mai si conobbero di persona. Avendo scritto entrambi per molto tempo per la Fishing Gazzette finirono per dare vita ad una duratura corrispondenza e ad un continuo scambio di materiali. La condivisione e lo scambio di materiali tra amici costruttori è ancor oggi una piacevole e sana abitudine.
Lo stesso Skues in uno dei suoi libri ricorda con malinconia l’amico attraverso il racconto della sua ultima pescata: ormai vecchio, Skues si recò sul fiume col fratello per fare la sua ultima uscita di pesca. Occhi e gambe ormai non lo sostenevano più. Il fiume non fu con loro magnanimo quel giorno e Skues, vedendo una trota bollare, prese dal porta mosche di pelle l’unica mosca rimastagli fatta con i materiali e le istruzioni mandategli dall’amico Gordon tanti anni prima. La legò al finale, lanciò e agganciò quella bellissima trota. Bellissima non tanto per il peso ma perché fu l’unica trota della giornata, la sua ultima trota di una vita passata sui fiumi, presa con una mosca speciale che lo legava ad un caro amico che non c’era più e che non aveva mai avuto l’onore di incontrare. Se fossi un regista, questo sarebbe un bellissimo finale di un film. Eppure questa fu vita vissuta. Gordon era già morto molti anni prima, nel 1915. Al suo funerale pochissimi parenti e qualche amico. Il suo corpo venne trasportato in treno nello stato di New York e per molto tempo se ne persero le tracce. Parecchi anni dopo, un piccolo gruppo di estimatori guidati dal famoso scrittore Alfred Miller (Sparse Grey Hackle) tentò di risalire al luogo dove Gordon era stato sepolto. Iniziarono la loro ricerca con una sorta di pellegrinaggio per render omaggio alla sua memoria nel luogo dove Gordon visse gli ultimi anni fino alla morte, alla Anson Knight House sul Neversink. E lo fecero poco prima che lo stesso luogo fosse sommerso dalla nuova diga in costruzione. In seguito, attraverso una minuziosa ricerca riuscirono a trovare la tomba dove era stato sepolto e a porgergli degno rispetto. Theodore riposa in pace tumulato insieme alla madre nel piccolo Marble Cemetery di New York.
Decine di metri d'acqua ricoprono ormai i luoghi che amava e dove ha vissuto per lunghi anni, ma il suo spirito ha continuato ad essere fonte di ispirazione per chi ha saputo godere della vera essenza della pesca a mosca, quella così descritta da Gordon, in queste poche righe: “L'esigenza essenziale è trovare il tempo per andare a pescare. Il vero problema è, per molti di noi, che siamo così concentrati nel cercare di fare soldi che perdiamo di vista i piaceri migliori e più innocenti che questa vecchia Terra può darci. Il tempo scorre così velocemente dopo che la giovinezza se n'è andata che non possiamo compiere la metà delle cose che abbiamo in mente, e nemmeno la metà dei nostri doveri. L'unica alternativa prudente e ragionevole è lasciare che siano altre le cose a far andare avanti l'Essenziale, e la prima fra tutte è la Pesca a Mosca”. Sulle Catskills, non lontano da New York City, si sono intrecciate le vite di numerose personalità legate dal comune interesse per la pesca a mosca; erano pescatori a mosca, entomologi, costruttori di mosche, costruttori di canne di bambù, scrittori, allevatori di pesci e piume e artisti. Non trovo modo migliore per descrivere l'atmosfera di quei luoghi, la storia di cui sono intrisi e la passione che muoveva gli animi di quegli uomini che citare semplicemente questo breve passaggio raccontato dallo scrittore sportivo Red Smith. Così ha detto Alfred Miller (Sparse Grey Hackle) parlando all'autista che li stava portando alle Catskills e che non conosceva l'importanza dell'apertura della stagione della pesca alla trota a Roscoe: In una tempestosa notte di aprile, tre uomini uscirono dall'oscurità verso le strade di Roscoe.
In una tempestosa notte di aprile, tre uomini uscirono dall'oscurità per le strade di Roscoe.
“Signori”, disse Sparse Grey Hackle, “toglietevi il cappello. È questo... ” “È qui che è stata inventata la trota?” chiese l'autista. "Bene" disse il signor Hackle "esisteva in una forma rozza e primitiva nell'Inghilterra di Walton" "Ma qui" disse Mead Shaeffer, artista e pescatore "è dove gli dipinsero delle macchie rosse e gli insegnarono a nuotare"
“Signori”, disse Sparse Grey Hackle, “toglietevi il cappello. È questo... ” “È qui che è stata inventata la trota?” chiese l'autista. "Bene" disse il signor Hackle "esisteva in una forma rozza e primitiva nell'Inghilterra di Walton" "Ma qui" disse Mead Shaeffer, artista e pescatore "è dove gli dipinsero delle macchie rosse e gli insegnarono a nuotare"